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Mamma. Il ricordo della prof.ssa Elisa Plantone

Riceviamo e pubblichiamo.

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MAMMA         

Mamma si raccontava da sola, amava le relazioni sociali, la vita e le persone.

Era una donna dolce, generosa, accogliente, allegra, ironica, intelligente coraggiosa e determinata. Basti pensare che ha avuto l’ardire di andare a studiare chimica a Roma nel primo dopoguerra. Ricordava di aver trovato i laboratori scientifici dell’Università bombardati ed in fase di ricostruzione. Lo zio prete la affidò nelle mani di un sarto di Noci amico di famiglia trasferitosi con la sua a Roma appunto, Rocchetto Recchia che la ospitò inizialmente nella sua casa e diventò amica della figlia Enza. Tornava sempre ricca di novità culinarie come l’insalata russa, cappelli e borse a secchiello all’ultima moda, rossetti che condivideva con le sue amate e meravigliose sorelle e che usavano di nascosto da Nonno Ciccio, nonna Anselmina e dallo zio Prete. Gli anni vissuti a Roma vicino piazza di Spagna, li ricordava con gioia ed entusiasmo, spesso d’estate invitava a casa di nonna la sua amica Rossana che volentieri trascorreva in Puglia le vacanze. Istituita la facoltà di chimica a Bari si trasferisce perché nonna comincia a stare poco bene e si laurea qui nel 1953.

Pur avendo avuto la possibilità di entrare in una grossa industria della SQUIBB a Roma, dopo la laurea, ha preferito l’insegnamento. Prima all’Istituto Agrario di Ostuni, poi Locorotondo, Alberobello ed infine la scuola media “Pascoli” a Noci con il Preside Genco, la professoressa Laruccia, la sorella Tonina, la cugina-sorella Isa Plantone, le professoresse Morea, Tinelli, Trisolini, Laporta, Giannini e i collaboratori che ora non ci sono più, i giovani di allora il professor Campi e la moglie Maria, le professoresse de Tommasi, D’Aprile e Conforti e tante e tanti altri con cui mi scuso per non averli menzionati. Molteplici, infatti, sono state le testimonianze di affetto e stima di ex colleghi e generazioni di ex alunni. Una insegnante competente che riusciva a trasmettere l’amore e la passione per la chimica, la matematica e le scienze.

La sua nonna Isabella la chiamava “la signora”, perché studiava a Roma e delegava alle sorelle più piccole le mansioni domestiche. Anche nonno Peppe ha sempre usato l’appellativo di “Signora” nei suoi riguardi perché la stimava e la adorava. Con la sua forte personalità e vitalità aveva travolto papà, incontrato all’Istituto agrario, e tutta la sua famiglia di Alberobello.

La sua mente scientifica e la sua perspicacia, l’intelligenza e il suo senso dell’ironia, le permettevano di essere inclusiva e accogliente nei confronti di tutti indistintamente.

L’elenco sarebbe infinito, impossibile elencare tutti, ma un rapporto privilegiato , lo ha avuto, oltre che con le sorelle, i cognati e le cognate, anche con il cugino fraterno Nicola, Mimma e le sue figlie e la cugina Isabella Plantone, sua omonima. Affezionata ad Antonia e a tutta la sua famiglia, ai cugini Intini di Varallo Sesia, zia Maria e zio Arturo e ai loro figli, ai cugini americani Frank e Barbara che ha anche ospitato a Noci, al cugino Pinuccio e la sua famiglia, a Caterina e Ornella, a Rita e a Giovanna e Chiara.

Come non menzionare Bellina, dopo la nascita di Giuseppe arrivò in casa una nuova presenza, Isabella chiamata da tutti Bellina, una ragazzina di appena dieci anni di Alberobello, che accolse come una figlia e se ne prese cura facendola studiare. Quando nacqui anche io, lei le è stata di grande aiuto ed all’età di venti anni è diventata parte integrante della nostra famiglia a tutti gli effetti, sposando Michele, un figlio di una cugina di mamma che viveva a Milano. Ora vive lì con la sua famiglia, torna ogni estate e partecipa al nostro dolore con Nicoletta, Giovanni, Loris, Cinzia e Giuseppe. Li ha salutati questa estate dicendo che forse era l’ultima volta che riusciva ad andare in campagna da loro.

Nel 1975, la svolta, Giuseppe aveva 13 anni, io 8 e affidatami alle cure di zia Tonina e zio Francesco, partono in tre alla volta di Parigi da un luminare della cardiochirurgia professor Charles Dubost, all’”Hopital Broussais” e dopo un consulto, si fermano, arrivano zia Donatina e zio Titino e procedono con l’operazione che finalmente pose fine a tutte le sue paure.

È stata con noi una mamma amorevole, complice ed esigente al contempo , con papà sempre insieme a preparare liquori e conserve da elargire.

Orgogliosa di Giuseppe, di me, di Alba, di Livio e dei suoi nipoti. La grande Francesca, prima di tornare a Siena è riuscita a dirle che le avrebbe dedicato la tesi e lei le ha risposto che ne sarebbe stata onorata. Michele ricorda ancora le sue spiegazioni di scienze e la differenza della respirazione nei pesci, Elisa e Gaetano hanno vissuto con lei tantissimi anni e avevano un rapporto importante, costruito negli anni, Gabriele, infine il più piccolo, accolto e amato come gli altri. Ricordo che mi dette tanto coraggio quando, ormai donna matura, mi resi conto di essere in attesa del terzo figlio.

Era molto legata ai nipoti, Francesco, il primo tra le sue braccia, a cui insegnava la chimica, ai loro figli e se avesse potuto ai figli dei figli.

Donna di fede, metteva in atto i suoi valori di solidarietà, di etica , di rispetto e amore che ha cercato di trasmetterci.

Concludo dicendo che siamo stati privilegiati ad averla avuta con noi per così lungo tempo ed abbastanza lucida. Mi piace immaginarla accanto a papà, a zia Maria, a zia Memena e a zia Donatina, l’ultima arrivata, a zio Aldo e a zio Vincenzo, attorniata da tutti i suoi cari lì in cielo.

Grazie a quanti hanno manifestato la propria vicinanza al nostro dolore in vario modo, a zia Tonina e a zio Francesco, a zio Ninì e ad Anna sempre vicini negli ultimi anni, a Lonia, Rosa , Paola,  Lika e la cara Sara che le è stata accanto fino all’ultimo respiro e a tutti coloro che sono riusciti ad andare a salutarla in vita.

 

Angela e Giuseppe

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